Pochi, fatiscenti e inefficienti. Questa è la condizione della maggior parte degli impianti sportivi in Italia.
Una situazione disastrosa che emerge chiaramente anche dai dati del rapporto “Valore Sport 2024”. Secondo il rapporto del think tank The European House Ambrosetti, dedicato all’analisi del settore sportivo italiano e ai modi in cui rilanciarlo tramite l’applicazione di politiche virtuose, l’Italia ha una media di 131 impianti sportivi ogni 100.000 abitanti, una cifra nettamente inferiore rispetto alla media europea. Siamo al 15° posto della classifica europea, capitanata dalla Finlandia, che guida la classifica, ha 596,7 impianti ogni 100.000 abitanti.
Un deficit ulteriormente aggravato dall’enorme divario territoriale: Il Nord Italia possiede il 51,8% delle infrastrutture sportive del paese, con una densità di 143,9 impianti ogni 100.000 abitanti. Al contrario, il Sud Italia soffre di una carenza più marcata, con molte regioni che mostrano numeri significativamente inferiori. Ad esempio, il Molise ha solo 20 impianti ogni 100.000 abitanti, la Valle d’Aosta 21 e la Basilicata 29.
Oltre alla carenza quantitativa, il rapporto sottolinea anche un problema di qualità. Molti degli impianti sportivi italiani sono obsoleti. Circa il 44% delle strutture è stato costruito tra gli anni ’70 e ’80 e l’8% non è funzionante.
Dati che dovrebbero preoccupare e suggerire un urgente un piano di rinnovamento e modernizzazione degli impianti sportivi italiani. Tuttavia, sembra che non si stia facendo nulla per migliorare la situazione.
Uno dei principali ostacoli è la burocrazia. Le procedure per ottenere i permessi necessari alla ristrutturazione o alla costruzione di nuove strutture sono sempre complesse e lunghe. Questo scoraggia gli investimenti privati e rallenta l’implementazione di progetti innovativi. Inoltre, le competenze sono frammentate tra comuni, regioni e governo centrale, creando ulteriori difficoltà nella gestione delle risorse.
E poi, l’altro nodo cruciale è quello economico. Le risorse destinate allo sport sono spesso limitate e mal distribuite. La maggior parte degli impianti sportivi italiani (69%) è di proprietà pubblica e nel 91% dei casi il proprietario è il Comune. Questo significa che la gestione e la manutenzione dipendono dalle risorse pubbliche, che sono spesso insufficienti. Anche il coinvolgimento del settore privato è limitato, a causa della mancanza di incentivi e di un quadro normativo incerto. È chiaro che c’è un urgente bisogno di investimenti per rinnovare e costruire nuove infrastrutture sportive. Anche il coinvolgimento del settore privato è limitato, spesso a causa della mancanza di incentivi e di un quadro normativo incerto.
È evidente che c’è un urgente bisogno di investimenti per rinnovare le infrastrutture sportive esistenti e costruirne di nuove.
Nonostante il quadro generalmente negativo, esistono esempi di successo che dimostrano come sia possibile invertire la tendenza. Alcuni comuni hanno avviato progetti di partenariato pubblico-privato che hanno portato alla costruzione di impianti moderni e funzionali. La città di Milano, ad esempio, ha saputo attrarre investimenti privati per la riqualificazione di numerosi impianti in vista di eventi internazionali come l’Expo e le Olimpiadi invernali del 2026.
Ma è davvero necessario aspettare grandi eventi per migliorare le infrastrutture sportive?
Le prospettive future sono cupe. Nonostante stiamo vivendo una delle ere migliori per lo sport italiano, rischiamo di vederla finire se non facciamo nulla per migliorare le strutture in cui i nostri atleti si allenano e dove i futuri campioni dovrebbero crescere.